Quando la grigia abitudine
toglie all' animo
il colore della vita,
quando la vita di chi ti sta intorno è solo abitudine,
lo squarcio violento della luce
ti abbaglia e ti dà la vista…
(Virgilio Resi)
I colori e le cose
In questa nuova mostra, la seconda che Maria Teresa Carbonato allestisce in questo bello spazio della Torre Saracena di Deiva, l’itinerario espositivo vuole porre l’accento soprattutto sull’aspetto linguistico della sua pittura, ossia sul colore. Da un dipinto all’altro, siamo chiamati a sperimentare le possibilità espressive ed evocative dei differenti colori della tavolozza.
Ma su questo punto occorre fare una precisazione. I colori, come si presentano sulle tavole di Maria Teresa, non sono colori puri, cioè presi nella loro assolutezza di pure essenze. In effetti, si tratta di colori-toni, di colori calati cioè nella temporalità della esistenza mondana, nelle ore del giorno e nel tempo atmosferico delle stagioni. Pertanto, sono colori che, al di là di se stessi, lasciano sempre percepire il movimento della luce. E sono colori che fanno tutt’uno con le cose, perché i loro nomi sono anche, necessariamente, nomi di cose: il giallo può esser il giallo del grano – un “giallo-grano”, appunto - o un giallo-ocra delle pannocchie di mais, oppure il giallo di un cesto di limoni; l’azzurro sarà quello del mare o della notte, o del manto della Vergine; il bianco sarà quello della neve, di una tendina trasparente o di un tendaggio che si staglia conto l’azzurro del mare.
A sottolineare questo impasto del colore con le cose, l’artista sembra volerci sorprendere anche con soluzioni per lei inedite: come quel panno bianco prelevato tal quale dalla realtà, ripiegato come un bassorilievo e poi inserito sulla tela - realtà che si fa colore, realtà-colore, o colore che s’incarna.
Dunque, i colori e le cose. Le cose del mondo quotidiano, del mondo abitabile e abitato, che da sempre costituisce il filo rosso dell’arte di Maria Teresa. Perché la sua pittura è una pacata meditazione sui luoghi della vita quotidiana, dove non c’è grande differenza tra spazi interni – sempre spazi domestici, in cui ci immettono fughe di stanze, di soglie o di scale – o di spazi esterni, di paesaggi dunque, che tuttavia immaginiamo – quando non lo sono effettivamente - sempre inquadrati dalla cornice di una finestra, o del finestrino di un’automobile, piccola dimora ambulante. Ecco che, quindi, la finestra diventa essa stessa tema e motivo centrale della sua pittura. E come le finestre, le porte, le scale, i poggioli. Anche di fronte alla immensità del mare, alla nostra artista piace collocare tre sedie che allestiscono uno spazio di umana compagnia e conversazione.
Insomma, sottotraccia ci troviamo di fronte a una meditazione sull’essenza stessa dell’abitare: che è sì un segnare la differenza tra un interno e un esterno, ma solo per poterne aprire la feconda comunicazione; che è sì allestire un ambito di intimità, ma solo per potervi accogliere l’altro. Anzi, di questo spazi silenziosi, inondati da una luce quieta, chi vi abita è il primo ospite, solo che sia capace di un occhio stupito sulla riposata familiarità delle cose, delle suppellettili, dei sobri arredi. Gli oggetti della vita quotidiana diventano quasi amuleti, segni sacramentali di questo Altro che abitiamo e da cui siamo abitati.
In tal senso, ci preme fare un’ultima osservazione circa le opere di soggetto sacro qui presenti. Che si tratti di un Cristo o di una Madonna con bambino, il personaggio della storia sacra esibisce sempre manto, un drappo, un panneggio che ci riportano alla quotidianità. Come il mantello del Cristo deriso che richiama il drappo rosso casualmente abbandonato su una sedia, sì che anche quest’ultimo ci appare qualcosa di più che un puro motivo pittorico, ma partecipa anch’esso del dolore e della gloria della Croce.
Del resto, questi immagini sacre, senza scadere nel kitsch, evocano non tanto le grandi icone destinate allo spazio del culto, quanto piuttosto le piccole icone della devozione popolare che accompagnano la nostra vita quotidiana, tra le pagine di un libro o sulla parete accanto al letto. E l’oro che adorna queste immagini, poi, lo vediamo sempre di più mandare i suoi bagliori sulla superficie del mare, nel disco lunare di notte, o nello splendore della luce invernale tra i rami spogli degli alberi.
Rodolfo Balzarotti
È accaduto ancora: un altro poeta ha mosso i pennelli di una pittrice. C’è un livello così profondo nella percezione della realtà che è comune alla sensibilità di chi lo sa esprimere in versi e di chi lo dipinge. E a volte i due linguaggi si intrecciano e si completano a vicenda.
Così, dopo Clemente Rebora, Eugenio Montale, Massimo Camisasca, Maria Teresa Carbonato ha incontrato Virgilio Resi. Non di persona, ma nelle sue poesie e nel vivo ricordo di amici comuni.
Virgilio (1951-2002) ebbe il dono di una precoce vocazione sacerdotale, vissuta in pienezza anche grazie alla vicinanza con don Luigi Giussani. La sua esperienza missionaria in Brasile non interruppe i legami con gli amici, tanto che in Trentino, a Carisolo, Ivo e Daniela Bonapace gli hanno dedicato il loro maso, luogo di amicizia e di incontro. È qui che Maria Teresa si è trovata tra le mani un libretto di poesie capaci di suscitare il suo estro creativo . Del resto, da sempre i suoi pennelli fissano in quadri i colori della vita. Quei colori che l’abitudine, lo sguardo appannato dall’ovvietà rendono di un grigiore uniforme:
…quando l’animo / è incapace / di bianco e di nero / di rosso o di azzurro / di verde o di giallo, / ma vive / una filastrocca di giorni / nella monotonia / del grigio…
È così che le cose che si vedono sempre non si vedono più. Occorrono sciabolate di luce che permettano di cogliere un’insolita bellezza nascosta nelle solite cose.
Fra queste ritroviamo rimandi comuni al poeta e alla pittrice, che siano elementi della natura o segni della presenza umana. Dalle lame taglienti di luna alle strade di ogni contrada percorse con passo / svelto o stanco, / solitario o in compagnia…
E proprio l’incontro con l’altro è un significativo punto condiviso. Don Virgilio lo rievoca con pennellate come questa:
Le serate trasudano / vino e amicizia / a far forte un’umanità / che sempre cerca l’incontro.
Maria Teresa puntualizza con questa parole:
Il colore della vita viene dagli incontri che quotidianamente ci sono dati. Voluti o imprevisti, sono comunque segni di un dono gratuito. Sta a noi riconoscere la bellezza che può colorare la nostra vita, tutta.
Elisa Bertozzi Desco