Anna Roda


La pittura di Maria Teresa Carbonato

 

(intervento tratto da www.culturacattolica.it) 

 

8 maggio 2007

La frequentazione degli artisti mi ha portato ad una conclusione: le opere, anche quelle più oggettive e realistiche, portano lo stigma di chi le ha fatte, riflettono il volto, il carattere, la sensibilità di chi le ha generate, così come nel volto e nei modi di fare di un bambino si leggono i tratti e i vezzi dei genitori.

I quadri di Mariateresa Carbonato non sono esenti da questa constatazione, anzi ancora una volta di più me ne hanno dato conferma.

Incontro Maria Teresa allo Spazio Lumera, una piccola galleria milanese luminosa ed accogliente, come chi ne è responsabile, Maria Luisa Carta. (foto a lato)

Dopo gli studi al liceo artistico con De Rocchi e Barbieri e i corsi a Brera con Uselllini, importante è per Mariateresa nel 1968 l’incontro con il pittore americano Bill Congdon, dal quale viene sollecitata ad un uso più libero delle tecniche e degli strumenti espressivi, nonché all’approfondimento dei motivi del dipingere e del valore del “guardare”.

Altro incontro importante è stato quello con lo scultore Nicola Sebastio e il coinvolgimento nelle tematiche e nelle committenze di arte sacra.

Il volto sereno di Mariateresa, il suo sorriso, gli improvvisi, ma contenuti entusiasmi, le parole semplici e piane sono caratteri che svelano, a chi la incontra, un animo aperto, lineare, una freschezza capace di cogliere la discreta e silenziosa bellezza degli oggetti e dei luoghi quotidiani, come in punta di piedi per non turbare il silenzio naturale che promana dalla realtà.

"Dall’imagine tesa vigilo l’istante…" titola la mostra che vogliamo presentare e le parole di Rebora, oltre ad una forte suggestione, ce ne danno la chiave di lettura.

I temi, pur stemperati in diverse raffigurazioni, sono ricorrenti e, in tutte le tavole alla linearità delle forme fa riscontro una dimensione esistenziale, un velato simbolismo che immette tensione e interiore vibrazione ai luoghi e ai paesaggi.

 

Le scale

Uno dei temi ricorrenti è quello del cammino, della strada.

Cosa di più normale di una scala? Cosa di più funzionale in una casa?

Eppure l’occhio di Maria Teresa ne sa cogliere l’essenza nascosta e simbolica.

In "Scala di corte 2"  la voluta povertà dei mezzi espressivi, la scelta cromatica del grigio e il suo singolare variare di tono in tono, fanno emergere le linee verticali della scala, di cui non vediamo l’arrivo al piano superiore. In primo piano un angolo di luce crea contrasto con la zona in penombra da cui si origina la scala di pietra…il cammino della vita, con le sue asperità, le sue improvvise ascensioni, non è forse un segreto che l’uomo talvolta custodisce nella penombra della sua anima?

 

In "Scala di corte 3" la prospettiva si ribalta: ora ci troviamo sulla sommità della lunga gradinata e dall’alto contempliamo la fuga dei gradini verso la luce. I grigi-ocra e giallini delineano con precisione lo spazio, eppure suggeriscono anche l’idea dell’infinito, di un oltre illuminato dalla luce calda ed accogliente del giorno.

 

Dal chiuso di una corte ora ci troviamo su una mulattiera ("La strada 2"). Se nelle scale era il grigio il colore dominante, qui a delineare l’immagine sono l’azzurro e il bianco. La strada di montagna sale e anche in questo caso non ne vediamo la fine, ne intuiamo il proseguire oltre lo sperone di roccia. Una invisibile diagonale divide in due la tela: a destra il cielo, mosso e vibrante nei toni dell’azzurro; a sinistra la roccia bianco- ocra, di materia densa, su cui sono graffiati i ciuffi un poco appassiti delle erbe spontanee.

Anche in questo quadro percepiamo un sottile e discreto suggerimento simbolico: la strada di ognuno si colloca tra due dimensioni, tra due poli, anzi è tensione stessa tra due poli: il finito e l’infinito.

 

La neve

Maria Teresa ci ha confessato, con gioia ingenua, di amare molto la neve. Questo amore si percepisce con nettezza nelle tavole che ha dedicato a questo tema.

L’atmosfera generale che si percepisce è di silenzio, quell’attutito silenzio che connota la natura ammantata dalla neve. Addirittura il vigile sguardo della pittrice, il suo attento ascoltare il reale ha saputo cogliere e captare gli umori del paesaggio, quasi specchio dell’animo stesso dell’artista.

 

In "L’allegria della neve" l’impasto denso trova nei toni rosati e giallini, verdi e bluette, sul fondo grigio-bianco, la giusta ed equilibrata tonalità che comunica leggerezza, comunica la felicità dei bambini che possono giocare e rotolarsi nella soffice neve.

Di tutto altro tenore "La tristezza della neve". Il cielo plumbeo, sottolineato dai toni più cupi del grigio e dalla materia pittorica corposa. In primo piano un elemento scuro, quasi buco nero che cattura l’occhio e che nemmeno la soffice coltre nevosa sa riequilibrare e smorzare nella sua densità. La pittrice impasta sabbia con il colore, proprio per renderlo più materico, più espressivo, più coinvolgente: a sinistra, sul fondo biancastro, il graffio deciso di alcuni arbusti. Se non proprio angoscia, la tavola comunica malinconia, tristezza: sentimenti che possono incupire l’animo nelle uggiose giornate invernali.

 

Continua la riflessione di Maria Teresa con "Abeti e neve". 

Essenziale l’immagine, vagamente espressionista con le sagome allungare degli alberi, che occupano tutto lo spazio del quadro. Sempre la densità dell’impasto di colore sostanzialmente grigio. La Carbonato è maestra nella stesura dei toni diversi del grigio, ne ha esplorato tutte le potenzialità espressive e di luce. Infatti questa tavola, quasi monocroma, non è comunque spenta, anzi vibra di una luce sommessa, che l’artista evidenzia anche con una spruzzata di polvere d’oro a destra, in alto, tanto da sembrare un alone di luce solare ottenebrato dai fumi della giornata invernale.

  

Il giardino

Tra i diversi luoghi cha la Carbonato ha osservato posto di rilievo assume il giardino. Non si cade mai nello scontato, sempre nuovi i tagli, i particolari, le nuances di colore.

"Albero d’oro" risalta per la solarità del colore scelto. Mimose? Limoni? No sono le foglie brillanti di un albero di noce che in autunno si accendono di toni brillanti e festosi. Dall’inquadratura accennata della finestra di casa, Mariateresa osserva con occhi nuovi ogni cosa già vista e rivista. Il taglio verticale sottolinea l’imponenza dell’albero, di cui noi percepiamo solo un piccolo dettaglio, ma il tutto è festa dei colori, gioia per gli occhi, luce densa e pastosa.

Da ultimo vogliamo proporre un quadro che, pur nella sua semplicità, ci pare altamente simbolico ed esplicativo del titolo che la Carbonato ha scelto per questa sua personale, "Porta".

 

“…Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed l’odore dei limoni…. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo del cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d’oro della solarità.”

Come non ricordare i noti versi de I limoni di Montale davanti a questa tavola?

Un alto muro calcinato chiude un giardino, un chiuso portoncino verde ci impedisce di entrare, ce ne ostruisce la visione. La porta diventa immagine di ciò che è la realtà: segno oltre il quale siamo costretti ad andare per comprenderne a pieno il valore e la bellezza. Infatti se alziamo lo sguardo, se con fatica e decisione non ci lasciamo bloccare dal peso delle apparenze che talvolta ci paiono porte chiuse, possiamo ammirare il rigoglio della natura, la segreta bellezza del giardino, gli alberi frondosi ricchi di frutti gialli, che illuminano con discreto chiarore la vita.